Che Andrea Camilleri, per i suoi libri e il suo commissario Montalbano, qui da noi, in Italia, sia famoso lo sanno tutti. Che fosse conosciuto anche all’estero, potremmo anche immaginarcelo. Che si possa intervistare lo scrittore siciliano solo per avere la sua opinione su quanto sta accadendo in Italia a proposito di Silvio Berlusconi, delle escort e dell’assordante silenzio che a questo proposito c’è sui media italiani non ce lo saremmo mai immaginato.
Lo ha fatto Miguel Mora, il corrispondente in Italia del quotidiano spagnolo “El Pais”, che è diventato famoso in Italia quando, alla conferenza stampa del recente vertice italo-spagnolo, non ha avuto il pudore di chiedere conto, al nostro Presidente del Consiglio, davanti a un imbarazzato Zapatero dello scandalo delle escort.
L’intervista, uscita venerdì 18 settembre (“No será la Iglesia la que acabe con Berlusconi” [Non sarà la Chiesa a chiudere con Berlusconi]), fin dalla prima domanda, non lascia dubbi su ciò che oggi si pensa dell’Italia («Perché tutta l’Europa sta parlando di Berlusconi mentre gli italiani tacciono?»). Camilleri, per rispondere non si lascia pregare e dice, senza mezzi termini che «questo silenzio è inquietante. […] La politica è stata sostituita dalla magistratura, e con l’opposizione è accaduta la stessa cosa: visto che non c’è, l’hanno sostituita due giornali (La Repubblica, L’Unità) e un canale televisivo (Rai 3). Tutti gli altri stanno in silenzio. Così parla la stampa straniera, che si è sostituita alla nostra in questa fase di emergenza della nostra democrazia». Una fase nella quale Berlusconi è «una malattia» e noi italiani «siamo malati di mente, politicamente, economicamente e in particolare per quanto riguarda il costume: domina l’immoralità». E i giornali, la libertà di stampa? Anche su questo tema lo scrittore siciliano è duro. Secondo lui la differenza tra un dittatore e Berlusconi sta solo nel fatto che quest’ultimo non può, d’imperio, chiudere i giornali, così come farebbe un vero dittatore, ma la sostanza è la stessa perché Berlusconi ha comunque la forza per imporre la propria volontà ai giornali («Anni fa cacciò numerosi giornalisti della Rai, mentre recentemente, in pubblico, ha detto che Paolo Mieli (direttore de “Il Sole 24 Ore”) e Giulio Anselmi (“La Stampa”) dovevano cambiare mestiere. Puntualmente, poche settimane dopo si dimisero e adesso fanno altro»). E a peggiorare la situazione c’è l’autocensura degli stessi giornalisti che «temono di fare male a se stessi».
E gli italiani? Come fanno ad accettare un personaggio che insulta gli avversari e che spesso evoca il fascismo? Camilleri sostiene che Berlusconi sia un «innamorato del fascismo» e che gli italiani sono un popolo senza memoria e che si ricordano del proprio paese solo perché ha una squadra di calcio. «Se chiedete a un italiano cos’è successo nel 1928, vi dirà che in quell’anno l’Inter è stata costretta dal regime fascista a cambiare maglie e nome, ma non vi dirà che all’epoca c’era il fascismo. […] Ricordo che nel dopoguerra Herbert Matthews, un reporter del New York Times, scrisse un articolo nel quale diceva che secondo lui il fascismo era una malattia di cui gli italiani avrebbero sofferto per decenni e che quando sarebbe riapparsa lo avrebbe fatto in una forma che non saremmo stati capaci di riconoscere. Eccoci qui, a chiederci se Berlusconi sia un fascista o meno».
Ma perché gli italiani lo votano? Perché, sostiene Camilleri, si sentono uguali a lui. Lo scrittore siciliano però è ottimista e spera che «gli italiani bevano da questo calice fino a vomitare. Così sapranno quello che è, e finirà. […] Mi auguro soprattutto che resusciti la morale, perché adesso governa la morale del “motorino”, una morale per cui tutto ciò che sarebbe vietato, qui da noi è consentito. Gli italiani guardano il “motorino” che hanno i potenti e pensano che sarebbe bello averne uno».
L’intervista si conclude con un attacco alla Chiesa. Secondo Camilleri il Vaticano continuerà a stare dalla parte di Berlusconi perché «i soldi non hanno odore […] e il dogma assoluto della Chiesa è il denaro, l’esenzione fiscale. […] L’importante è non toccare i soldi del Santo Padre. È il Vaticano che stabilisce la legge in Italia, e mai lo ha fatto tanto come ora. Assiste al delirio di Berlusconi in diretta e dice: “Non posso parlare perché sono straniero”. E poi, se un vescovo dice qualcosa, fa come ha fatto Berlusconi con Feltri: “Mi dissocio, mi dissocio”. No, non sarà la Chiesa a chiudere con Berlusconi. Mi auguro che lo facciano i cittadini».
[Grazie ad Antonella Occhipinti per la traduzione]
L’intervista integrale si può leggere su http://www.elpais.com/articulo/internacional/sera/Iglesia/acabe/Berlusconi/elpepiint/20090918elpepiint_6/Tes