E Roberto Saviano si esercita a fare l’attore. Dal 6 al 8 ottobre recita il monologo “ La bellezza e l’Inferno” presso il “Piccolo Teatro Studio” di Milano.
Vuole uscire dalla solitudine, vuole guardare la gente direttamente in faccia senza doversi nascondere, mascherare. Il suo spettacolo-monologo dura un’ora e mezza, in piedi vicino ad un leggio impugnando un vero Kalasnikov quando racconta la storia del fucile mitragliatore colpevole della perdita di milioni di vite umane.
Sguardo intenso, coraggio impagabile, disarmante la sua sicurezza che fa sperare ancora nell’umanità vera, combattiva, con un senso della legalità infinitamente presente.
La regia del suo spettacolo è affidata a Serena Sinigaglia, studiati tutti i singoli movimenti, i diversi cambiamenti di toni, di movimenti. In realtà è Saviano che interpreta Saviano, la persona diventa personaggio, si muove recitando la sua vita. Un’esperienza veramente esaltante, gratificante. Le musiche sono di Goran Bregovic, Manu Chao, Michel Petrucciani.
Saviani aveva voglia di far respirare le parole, vuole raccontare la bellezza come forma di resistenza, come sottrazione all’inferno. Il monologo è dedicato alle due ragazze iraniane, Neda Soltani e Taraneh Moussavi, uccise dalla repressione del governo di Ahmadinejad.
Neda, il 20 giugno 2009, col suo cellulare riprendeva ciò che intorno a lei accadeva. Il poliziotto che la vede spara colpendola al petto. Taraneh viene stuprata decine di volte in sette giorni. Ciò serve a dire che se manifesti perdi l’onore. Ed uccidere cos’è? La barbarie di uomini senza la dignità della vita, senza la consapevolezza della giustizia vera.
Inoltre, sul palcoscenico, Saviano intende affiancare la fotografia di Michail Kalasnikov e quella di Alfred Nobel. Quest’ultimo, con l’invenzione della dinamite intendeva scavare gallerie, emancipare l’uomo dalle fatiche delle miniere. Quando capisce, con la morte del padre causata dall’esplosione della sua stessa invenzione, che questa sarebbe stata utilizzata per tutto un altro scopo, non si riprende più.
Di contro, il generale Kalasnikov è orgoglioso e tranquillo per la sua invenzione. Due facce diverse della stessa moneta: l’inconsapevole e la consapevole volontà di distruggere il prezioso dono della vita.
Per concessione dell’autore riportiamo un passaggio del copione “La bellezza e l’inferno”:
MAMA AFRICA A CASTELVOLTURNO:
Miriam MaKeba arriva
a Castelvolturno per dare solidarietà
alla comunità africana dopo la strage di
Setola. Sa benissimo cos’è Castel
Volturno e sa benissimo dell’agguato.
Arriva li anche per denunciare la piaga
della prostituzione nigeriana, della
quale Castelvolturno è uno snodo
europeo fondamentale.
Miriam era stata cacciata dal
Sudafrica e Pata pata, il disco che l’ha
resa famosa in tutto il mondo,
dichiarato fuorilegge. Già solo possederlo era prova
dell’appartenenza all’African
National Congress, l’organizzazione
di Nelson Mandela.
Miriam Makeba muore a Castel
Volturno dopo aver cantato Pata pata, sul
palco. Di infarto.
Io mi sento quasi in colpa, perché il
concerto era anche in mia solidarietà.
Mi informano che sembra che i soccorsi
siano arrivati in ritardo e che lei diceva
di sentirsi già poco bene. Mando una
lettera alla famiglia, di dolore e di colpa.
Mi risponde la famiglia: “Non essere addolorato,
nostra madre sarebbe stata felice. Perché nostra madre è morta in Africa”.
La forza del cuore e della solidarietà.
Fonte: La Repubblica
L’immagine è tratta dal sito: Kultura.sme.sk