Abdullah Abdullah, ex ministro degli Esteri e candidato presidenziale ha rifiutato il ballottaggio con Karzai perché non ha ritenuto che vi fossero condizioni di imparzialità: Karzai è stato quindi proclamato vincitore delle elezioni: Abdullah non si è propriamente opposto ma intende fondare un nuovo partito politico.
Al jazeera ha pubblicato un’ampia intervista ad Abdullah Abdullah di cui riportiamo una sintesi: in essa Abdullah afferma che la comunità internazionale ha commesso errori in Afghanistan, ma denuncia anche quella che definisce “gioco sporco” di una retorica xenofoba nei riguardi degli Occidentali.
Egli non si considera un perdente ma all’inizio di un nuovo percorso politico che porterà l’Afganistan fuori dalla tragica situazione in cui si trova: un inizio quindi non una fine.
Si dichiara sicuro che i suoi sostenitori aumenteranno di numero, e opereranno con più energia per il miglioramento della vita del popolo afghano.
E’ vero che Karzai ha mantenuto il potere ma bisogna vedere se si è trattato di uno scontro elettorale o di una specie di video gioco.
Ma non si può dare tutta la colpa agli stranieri: la comunità internazionale ha fatto quello che poteva ma si è persa la grande occasione delle votazioni per consolidare la democrazia.
La comunità internazionale ha puntato al cambiamento del sistema e della leadership ma ha a che fare con la situazione reale, lo status quo, e la sua legittimazione, riconoscendo il processo elettorale e l’esito delle elezioni.
Il problema è che non abbiamo altri cinque anni, come abbiamo avuto quando Karzai è stato eletto l’ultima volta.
I prossimi due o tre anni saranno decisivi per il futuro dell’Afghanistan: se la situazione continuerà a deteriorarsi o la tendenza sarà invertita verso lo sviluppo e la democrazia.
La voce della comunità internazionale non può essere l’unica: devono impegnarsi gli afgani soprattutto perché sappiamo che ancora una volta avremo questi “giochi sporchi” si spingere gli afgani contro gli “stranieri” e viceversa.
La triste realtà di oggi è che negli ultimi otto anni non abbiamo dato abbastanza forza al sistema al punto che non siamo in grado di sopravvivere senza gli aiuti stranieri. E’ un momento difficile per tutti.
Altre truppe sono necessarie sulla base di una valutazione militare ma non è questa la cura per tutti i problemi: la cosa principale e la risposta degli Afgani.
Le domande chiave che dovrebbero essere affrontata è la legittimità del governo agli occhi del popolo, e il miglioramento del contesto politico. Queste sono le cose che avranno un impatto decisivo sul successo di ogni strategia militare.
Per quanto riguarda la riconciliazione con i talebani dobbiamo sapere con chi trattare. Se gli sforzi di riconciliazione sono intesi a isolare coloro che vogliono abbattere ad ogni costo, lo stato questi sforzi vanno bene. Tuttavia, se domani chiediamo alla Shura Quetta [sede presunta dei talebani in Pakistan, ndr ), di fare la pace: beh, è un’illusione. E’ troppo semplicistico pensare che coloro che stanno lavorando con al-Qaeda siano disposti a venire a lavorare come carpentieri o alla formazione professionale.
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Da al Jazerra: Abdkullah Abdullah