Fino all’epoca di Mao le abitazioni in Cina erano costituite solo da casupole simili alle nostre baracche delle periferie cittadine degli anni 50, simili a quelle cantate da Pasolini, per intenderci.
Ora quella sconfinata distesa di casupole va man mano sostituita da una foresta di immensi e moderni grattacieli: ma tutto questo ha un prezzo sociale.
I proprietari della casupole infatti sono costretti ad abbandonarle con gravi disagi: non essendo in pratica sufficientemente indennizzati, perdono la casa e non riescono ad procurarsene un’altra.
Grande impressione ha destato nel mese di novembre il gesto di una vedova di nome Tang a Chengdu, nella provincia di Sichuan, che si è data fuoco per protestare contro la demolizione delle sua casa ed è morta per le gravi ustioni pochi giorni dopo in un ospedale locale mentre la sua casa è stata demolito.
Tuttavia, il governo locale ha dichiarato che Tang e la sua famiglia avevano reagito violentemente contro le forze dell’ordine.
Dopo la morte di Tang, molti cittadini hanno criticato rabbiosamente le autorità locali per il modo violento con cui il regolamento è stato applicato.
In questi giorni alcuni professori di diritto dell’Università di Pechino hanno chiesto che la legge vigente che definisce il diritto del governo di espropriare gli alloggi urbani sia abolita o almeno modificata per proteggere i proprietari di immobili.
In una lettera al Congresso Nazionale del Popolo i professori hanno affermato che l’attuale legge per la demolizione delle abitazioni e il ricollocamento dei residenti è una violazione della costituzione del paese e del diritto di proprietà.
La lettera ha avuto grande risonanza sull’opinione pubblica in tutta la Cina. Secondo la costituzione e le leggi cinesi la proprietà privata di un cittadino è inviolabile: i governi possono però espropriare gli alloggi di un cittadino per motivi di pubblica utilità e la indennità deve essere versata prima del trasferimento.
La legge inoltre specifica che per un alloggio deve essere indicata una ricollocazione e negoziato un risarcimento in un periodo massimo di un anno e mezzo.
Ma ciò che più spesso accade, è che le autorità locali concedono il permesso ai costruttori che poi trattano direttamente con i residenti: se questi rifiutano di spostarsi sono costretti ad abbandonarla casa e anche se intentano una causa, i governi locali hanno ancora il diritto di costringere al trasferimento prima di un verdetto del tribunale.
I residenti tendono a non denunciare se le loro case sono già demolita e i tribunali sono in difficoltà per affrontare tali casi.
Il regolamento è diventato uno strumento da parte dei governi locali e dei costruttori immobiliari per fare soldi usando i suoli e le abitazioni della gente e crea un pericoloso intreccio tra sviluppo urbano di pubblica utilità e interessi privati dei costruttori che ha portato molti conflitti sociali. Si sente quindi la esigenza di riparare ad abusi e ingiustizie ai danni dei più poveri.
I prezzi dei terreni e delle abitazioni salgono molto in fretta mentre gli espropri forzati si verificano sempre più spesso.
I professori di Pechino non si dichiarano contro lo sviluppo urbano e di progresso, ma affermano che esso non deve avere per prezzo i diritti fondamentali e il senso di sicurezza della gente .
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Foto dell’autore: casupole pronte alla demolizione per far posto a un altro grattacielo in Shanghai