Interpretare il ruolo di personaggi spiritualmente elevati quali i santi è una prova d’attore che lascia nell’anima un segno indelebile. Il perché bisogna ricercarlo nelle parole stesse, nelle vicissitudini, nella profondità di pensiero e di fede, nella tranquillità dei loro spontanei gesti d’amore quotidiano. Quello di sabato sera 27 agosto è uno spettacolo che ha regalato emozioni incancellabili ai numerosi spettatoli accorsi ad applaudire una compagnia che meriterebbe ben più spazio all’interno di un panorama teatrale dove la meritocrazia è una vana ed utopica chimera.
“Antonio lume di Dio”, testo di Alfio Privitera, è un lavoro teatrale portato in scena in modo egregio dalla “Compagnia dei Giovani” di Salvo Valentino: sua è la regia, le scenografie ed i costumi. Le musiche di grande impatto sono di Sveva Castrogiovanni, Giulio Bonura è l’assistente alla regia e al palcoscenico. Regia video di Alessio Armiento e la realizzazione dei costumi di Agata Valentino e Grazia Conti.
Salvo Valentino ha voluto dare alla biografia del santo una chiave di lettura moderna avvalendosi del supporto della proiezione video piuttosto suggestiva. Di grande impatto emotivo e visivo sono le immagini del diavolo che mostra ad Antonio le nefandezze di uomini seminatori di morte nella storia: Hitler, Mussolini, Saddam Hussein, Gheddafi, solo per citarne alcuni, parodia della lontananza dell’uomo ai veri piani di Dio. Ed ancora le piccole vite dell’Africa, del Terzo Mondo dove regnano sovrani malattia e fame accusando chiaramente e convintamente la Chiesa Cattolica nella dissolutezza, nella violenza, nell’ingerenza in tutti i poteri di nazione. “Libero Stato in libera Chiesa” è la più grande bugia della storia, il più grande tradimento nozionistico.
Il cattolicesimo si è macchiato dei più efferati crimini e Fernando, giovane di agiata famiglia di Lisbona, se ne renderà conto presto entrando prima in un convento Agostiniano e successivamente, preferendone la povertà assoluta e la predisposizione alle missioni umanitarie in terre straniere, aggregandosi ai Francescani. Divenuto il degno successore di Francesco d’Assisi, Antonio dal carattere impetuoso, intelligente, alcune volte anche troppo impositivo, attira a se l’avversione dell’intera comunità ecclesiastica tradizionale.
Veste il ruolo di Fernando (Antonio) il giovane Pietro Cocuzza. Le sue fattezze fisiche e la somiglianza ci richiama alla mente l’iconografia classica del santo, la sua interpretazione è convincente, sentita, commovente. Il suo volto emana la luce tipica della spiritualità, le sue movenze sono decise e ben articolate soprattutto nella scena del dolore a lui procurato dalla malattia che condannerà alla morte il santo più amato e venerato al mondo.
Nei ruoli dei due amici di Fernando Eusebio e Corrado applaudiamo i talentuosi Giuseppe Billa e Francesco Granata. Merito ad entrambi è quello della poliedricità dei cambi scenici, dell’adattamento anche vocale ai diversi personaggi interpretati: li ritroviamo anche nei ruoli del narratore, di Frate Manuel, nel video di Satana, , in quello di Bonillo il Cataro e di Amerigo l’usuraio.
La scena essenziale, un telo bianco a simboleggiare un muro tra realtà e drammatizzazione, tra luce ed ombra, in una sorta di transfert scenico dove gli attori si fondono al passato per poi essere catapultati nel presente da un fotoreporter.
La creatività del regista Salvo Valentino è encomiabile; grande professionalità , duttilità, sottolinea la personalità di un attore capace di vestire i panni ora del narratore-reporter, ora del capocomico, quelli di Mastro Giovanni e di Ezzelino da Romano, lasciando grande spazio ai giovani attori appartenenti alla compagnia da lui fondata (qualità che troviamo raramente, per non dire quasi mai, in chi ricopre la stessa carica in altre associazioni a scopo culturale).
L’attore Diego Magrì interpreta sia il padre di Antonio, Martino sia Padre Filippino passando con molta naturalezza dalla delusione decisa di un genitore benestante alla pacatezza e serenità del compagno francescano di Antonio, frate che lo assisterà durante la malattia fino alla morte. Maria, madre di Antonio è interpretata da Roberta Fichera che darà anche la voce ed il volto ad una donna che trova nel futuro santo la salvezza dagli usurai che perseguitano il marito. L’attrice Giulia Alecci è in scena Teresa, innamorata di Fernando e da lui allontanata e di Frate Giulietto. Truccata da uomo e cercando di “camuffare” la voce femminile, riteniamo apprezzabile l’impegno per raggiungere l’adeguatezza del personaggio. Il bravo e timido Giulio Bonura è Frate Graziano.
Riteniamo un bel momento interpretativo il noto miracolo dei pesci unitamente alla commovente scena dell’agonia di sant’Antonio: egli vede avvicinarsi il predecessore, San Francesco d’Assisi, venuto ad accompagnarlo nel luogo ove egli è destinato. Antonio muore il 13 giugno 1231 all’età di 36 anni nella città di Padova. Era chiamato “Il Santo” in vita e divenne il santo più venerato del mondo.
Grandi applausi meritatissimi finali hanno firmato il successo dello spettacolo e la bravura di tutti gli attori.
Rappresentazioni come questa dovrebbero fare parte del piano scolastico di studio mentre invece oggi, purtroppo, si pensa e si attua il taglio dei fondi alla cultura e allo spettacolo.
Se non è un crimine questo!