Riparte dall’incantevole cornice del “Teatro Greco”, la nuova stagione del Teatro Stabile di Catania.
Sold out la sera del 15 settembre al Teatro Greco-Romano di Catania per “Il canto delle Sirene”, adattamento teatrale e regia di Ezio Donato, liberamente tratto da “L’ultimo viaggio” di Giovanni Pascoli e “La Sirena” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con Luigi Lo Cascio, Pippo Pattavina, Ezio Donato e Derborah Bernardi. Musiche eseguite dallo stesso autore al pianoforte, il maestro Paolo Vivaldi, al violoncello Raffaella Suriano, al contrabbasso Patrizia Privitera.
Un Pippo Pattavina emozionatissimo si presenta sul palcoscenico di uno straripante ed attento pubblico del suggestivo Teatro Greco-Romano. Si tenta di dare un contributo artistico per la ripresa delle attività di una importante istituzione culturale non soltanto di Catania ma del mondo poiché gli spettacoli da esso prodotti hanno raggiunto varie località riscuotendo grandi successi e consensi. “Si tenta di far ri-nascere il “Teatro Stabile” partendo da se stesso”, dichiara il commissario straordinario Giorgio Pace, “ricomincia da quell’impegno serio che ne ha fatto un teatro tra i più gloriosi per tradizione artistica”. Un pezzo di quel teatro, un piccolo mattone rappresenta lo stesso Pippo Pattavina, da ben cinquantotto anni protagonista su quel glorioso palcoscenico dove hanno camminato grandissimi attori e dove sono nati spettacoli importanti divenuti “cult teatrali” amatissimi, indimenticabili.
Filo conduttore dello spettacolo è la figura mitologica de “La Sirena” con le sue doti ammaliatrici e con il suo canto ipnotico e sublime: la sirena che rapisce i sensi degli uomini.
Apre il recital il regista, Ezio Donato leggendo un passo tratto dall’Odissea: l’incontro tra Ulisse ed Eolo, dio dei venti. La sua è una lettura pacata, godibile, ben scandita ed articolata.
Intramezzato dalla maestria musicale dei maestri Vivaldi, Suriano, Privitera, fa il suo ingresso l’attore Luigi Lo Cascio. A lui viene affidato un brano di grande impatto interpretativo ed emotivo a firma Giovanni Pascoli, papà del celeberrimo “fanciullino”.
(fotografie di Enzo Di Stefano)
“Ed il prato fiorito era nel mare,
nel mare liscio come un cielo; e il canto
non risonava delle due Sirene,
ancora, perché il prato era lontano.
E il vecchio Eroe sentì che una sommessa
forza, corrente sotto il mare calmo,
spingea la nave verso le Sirene
e disse agli altri d’inalzare i remi:
«La nave corre ora da sé, compagni!
Non turbi il rombo del remeggio i canti
delle Sirene. Ormai le udremo. Il canto
placidi udite, il braccio su lo scalmo».
E la corrente tacita e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E il divino Odisseo vide alla punta
dell’isola fiorita le Sirene,
stese tra i fiori, con il capo eretto
stese tra i fiori, con il capo eretto
su gli ozïosi cubiti, guardando
il mare calmo avanti sé, guardando
l roseo sole che sorgea di contro;
guardando immote; e la lor ombra lunga
dietro rigava l’isola dei fiori.
«Dormite? L’alba già passò. Già gli occhi
vi cerca il sole tra le ciglia molli.
Sirene, io sono ancora quel mortale
che v’ascoltò, ma non poté sostare».
E la corrente tacita e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E il vecchio vide che le due Sirene,
e ciglia alzate su le due pupille,
avanti sé miravano, nel sole
isse, od in lui, nella sua nave nera.
E su la calma immobile del mare,
alta e sicura egli inalzò la voce.
«Son io! Son io, che torno per sapere!
Ché molto io vidi, come voi vedete
me. Sì; ma tutto ch’io guardai nel mondo,
i riguardò; mi domandò: Chi sono?».
E la corrente rapida e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E il Vecchio vide un grande mucchio d’ossa
d’uomini, e pelli raggrinzate intorno,
presso le due Sirene, immobilmente
stese sul lido, simili a due scogli.
«Vedo. Sia pure. Questo duro ossame
cresca quel mucchio. Ma, voi due, parlate!
Ma dite un vero, un solo a me, tra il tutto,
prima ch’io muoia, a ciò ch’io sia vissuto!».
E la corrente rapida e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E s’ergean su la nave alte le fronti,
con gli occhi fissi, delle due Sirene.
«Solo mi resta un attimo. Vi prego!
Ditemi almeno chi sono io! chi ero!».
E tra i due scogli si spezzò la nave”.
(L’ultimo viaggio da Poemi Conviviali di G. Pascoli)
Il bravissimo attore palermitano, Luigi Lo Cascio emoziona, convince, avvince, trasporta un pubblico attento e rapito nell’universo onomatopeico pieno di allitterazioni e metafore tipiche della poetica del decadente Giovanni Pascoli.
I suoi appropriati cambiamenti di tonalità vocali, ora più alti, ora più bassi, sfumati, soavi sembrano far scaturire note di parole che accarezzano l’aria generando arcane melodie incantevoli. Il corpo dell’attore pare assecondare con i suoi movimenti cadenzati, a tratti vigorosi, appassionati altri soavi, commossi, stanchi i contenuti del poema che legge. Luigi Lo Cascio uscirà accompagnato da un fragoroso, lunghissimo applauso, un a vera e propria ovazione che sottolinea la sua “maestria interpretativa”, l’anima di un attore che concede al teatro ogni volta un pezzo di cuore, che non si risparmia, che si dona ma nello stesso tempo attinge dal teatro stesso quella forza di vivifica rigenerazione artistica.
Ezio Donato, Pippo Pattavina e Deborah Bernardi, concludono il recital con “La Sirena” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. I tre bravissimi attori raccontano la storia dell’innamoramento di un professore catanese di greco (Pattavina) che s’innamora di una Sirena conosciuta nel mare di Augusta, Siracusa (Deborah Bernardi). Il professore racconta la storia ad un amico conosciuto al bar (Ezio Donato). Un racconto romantico, delicato dove la Sirena rappresenta l’amore, la passione, la voluttà.
Un recital di “qualità”, fatto con consapevolezza e competenza in uno scenario incantevole.
Il Teatro Stabile ricomincia da qui, dal “Canto delle Sirene”, da queste creature meravigliose che rappresentano il mare di Sicilia, le nostre più antiche e gloriose tradizioni, le nostre inestirpabili radici.
Ma soprattutto ricomincia dal proprio pubblico, da quello che è stato solidale, da quello che la sera dello spettacolo ha dato un chiaro e forte segnale di volersi riappropriare del “patrimonio culturale” che gli spetta di diritto e che le istituzioni non devono e non possono ignorare.
Quello stesso pubblico che attende con ansia l’annuncio della nuova stagione teatrale.
Il commissario straordinario Giorgio Pace