Il mono atto di Nino Martoglio diviso due atti dal regista Turi Giordano “Civitoti in Pretura” al Teatro Brancati di Catania.
Grandissimo successo di pubblico e scroscianti applausi per “Civitoti in Pretura”, dall’ 11 al 28 gennaio al Teatro Brancati di Catania.
Scritto nel 1893, l’atto unico “I civitoti in pretura” è il primo lavoro drammaturgico del giovanissimo Nino Martoglio, nato a Belpasso – Catania, nel 1870. Ed è anche il più rappresentato. Il testo è un insieme di battute comiche, una farsa con un linguaggio che ci fa tornare alle radici più profonde del dialetto con termini ormai in disuso e dimenticati.
Nella personale visione del regista Turi Giordano al tradizionale testo inserisce alcuni riferimenti al periodo che viviamo: uno su tutti i tre consensi di Pretore, Pubblico Ministero e Cancelliere con la stessa forma dei “talent show” moderni (sono tre sì!).
Le belle musiche folkloristiche sono del noto autore Gianni Bella, la scena che riproduce l’aula di un tribunale (La legge è uguale per tutti?) è di Jacopo Manni, i costumi di Sara Verrini, l’aiuto alla regia è di Riccardo Maria Tarci e le luci di Sergio Noè.
Padrona indiscussa della scena è la nota, bravissima attrice Guia Jelo che si cuce addosso una Cicca Stònchiti esuberante, logorroica, travolgente. La sua assoluta padronanza scenica è ammirevole ma in alcuni tratti eccessiva, troppo dirompente. Un elenco infinito di gente con i loro soprannomi (u peccuru), “e che non sono tutti zii”, rimbambisce la pretura ma entusiasma e diverte un pubblico che non smette di ridere.
Eccellente e molto naturale l’interpretazione del torinese Pretore Testafina da parte dell’attore Plinio Milazzo. Un adeguato, impostato Gianmarco Arcadipane è l’attento e scrupoloso Pubblico Ministero Bomba.
Il sempre adeguato, convincente attore Enrico Manna ben caratterizza un cancelliere un po’ “imbranato” e di scarso comprendonio. Il pubblico, in tante occasioni sottolinea l’esilarante interpretazione con applausi entusiasti.
Il bravo attore Riccardo Maria Tarci è in scena don Procopiu, Nino Martoglio e Messer Rapa. Quest’ultimo accusa, tra gags e tormentoni linguistici, Giovanni Masillara (l’attore Fabio Costanzo) d’aver accoltellato per primo un altro uomo. Masillara viene difeso d’ufficio dall’avvocato Pappalucerna, l’attore Enzo Tringale.
Salvo Scuderi ben interpreta l’usciere Scarabeo.
Intorno a loro si muovono “le civitote”: Minica ‘a ciolla (Raniela Ragonese), Cuncetta a tòtina, sua figlia (Noemi Giambirtone), Tidda ‘Ntrichiti ‘Ntrichiti (Elisabetta Alma), Viulanti Sparapaulo (Margherita Papisca).
Uno spettacolo “movimentatissimo”, a tratti di difficile comprensione (non solo linguistica). Innaturale la scelta di far addormentare con tanto di “cuffie da notte” i personaggi in tribunale alla lettura della deposizione di un teste da parte del Cancelliere.
L’ultima scena, quando la disperazione e la rabbia di Cicca Stònchiti per aver perso o qualcuno le ha rubato l’orecchino, è molto confusa e chiassosa. Lo spettacolo si conclude con Cicca che non ha più nemmeno l’unico orecchino rimasto e gli attori che “montano” una sulle spalle dell’altra. Non ne comprendiamo ne il motivo, ne la metafora o simbologia (se mai ce ne fosse qualcuna).
Uno spettacolo che ha prodotto, sera per sera, il “sold out” e parecchie manifestazioni di apprezzamento e che probabilmente avrà un futuro fortunato con molteplici altre repliche.
Fotografie di Gatto Pino Ph.