Gio. Mar 30th, 2023
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Da otto mesi vivo a Genova e anche qui, come prima in Sicilia e poi a Firenze, ho iniziato a fare la recensora teatrale. Uno dei primi teatri che mi ha accolto in questa veste è stato il Cargo a Voltri creato e diretto per tanti anni da Laura Sicignano che dal febbraio scorso è la direttrice del Teatro Stabile di Catania. Ho rivisto Laura ai Benedettini a Catania allo spettacolo “La rondine” lo scorso 26 aprile e in quell’occasione ho sentito il desiderio di rivolgerle alcune domande.
– Laura, iniziamo da Catania e dal tuo nuovo ruolo che, mi hai detto, avrà una durata di quattro anni. Quando ti ci sei candidata eri consapevole di avere le giuste capacità da manager per risollevare le sorti di questo teatro che fa parte della mia precedente vita siciliana? Quali sono, secondo te?
Nel mio karma evidentemente ci sono le missioni impossibili: creare un teatro, anzi due, dove non c’era nulla per il Cargo; ora risollevare un teatro dal baratro in cui era precipitato. La gestione di un teatro parte dalle risorse umane che vanno motivate e valorizzate. Se ai vertici c’è entusiasmo e passione è più facile che ci sia contagio. La città di Catania adora il suo teatro ed è colta. Queste sono le basi positive su cui cammino. Le negatività provengono dalla burocrazia, dal pessimismo, dalla distrazione di alcuni amministratori pubblici che a Catania come altrove non capiscono o non sono interessati al potere salvifico, coesivo, generatore di benessere del teatro
– Il tuo essere l’unica donna a competere per questo ruolo e per di più non siciliana ha, in qualche modo, pesato sulle reazioni polemiche post nomina, sulle esternazioni sia vocali che scritte?
Se qualcuno ha fatto polemica è evidentemente perché aveva un interesse sul teatro, interesse per cui l’arrivo di una persona “fuori dai giri” rappresenta una minaccia.
– Quanto della tue ricca, densa e lunga esperienza di drammaturga e regista a Genova ti sarà utile in questa nuova avventura-missione di direttrice dello Stabile di Catania?
Il regolamento ministeriale, croce e non delizia di ogni teatro, impone al direttore di uno Stabile di fare una sola prestazione artistica all’anno. Questo limita il mio ruolo artistico, ma al tempo stesso dovrò decidere con la massima cura cosa fare per non sbagliare l’unica scelta a disposizione ogni anno. Infatti nel 2018 ho rinunciato a regie a Catania: c’è troppo da fare dal punto di vista gestionale. Del resto nel 2017 per il Cargo ho prodotto tre regie di cui sono entusiasta. Posso fermarmi un giro.
– Quando e perché hai deciso di creare il “tuo” teatro Cargo a Voltri, a due passi dal mare e dalla biblioteca intitolata a Rosanna Benzi, e la sua stupenda “dependance”, il teatro dentro la Villa Duchessa di Galliera?
Quando: ho deciso di essere indipendente quando ho capito che nel mio DNA non c’è il gene della dipendenza da capi, datori di lavoro, produttori ecc.
Voltri è stato un caso: Il sindaco di Genova Pericu aveva sulla scrivania un teatro vuoto appena ristrutturato e una compagnia che cercava uno spazio. Ha fatto quel che ogni buon amministratore dovrebbe fare: dare opportunità. Abbiamo vinto la scommessa, nonostante dopo Pericu non ci siano stati amministratori sostenitori del Cargo e delle nostre imprese funamboliche.
La Villa: un amore a prima vista, un’impresa difficile, un teatro restituito alla città. Compito svolto.
Sto scrivendo un libro sulla storia del Cargo che uscirà a settembre. (lo scrivo di notte, vista la mole di lavoro)
– Come sintetizzeresti questi anni trascorsi là? Qual è stato il filo conduttore dei tanti cartelloni da te creati al Cargo?
Sconsiderata passione.

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