
L’appuntamento, come ogni ultimo lunedì di agosto, era al campo, se campo si poteva chiamare quel rettangolo spelacchiato che da sempre ospitava gli allenamenti settimanali e la domenica le partite dei Birbanti, la squadra di rugby di Borgomarino.
Era il giorno in cui, da sempre, prendeva il via la preparazione in vista della nuova stagione. Quella sera c’erano tutti i componenti della prima squadra, tutti tranne coloro i quali durante i tre mesi di sosta avevano deciso di mollare e quelli che, invece, dovevano ancora concludere la stagione estiva. Perché Borgomarino, nomen omen, si trova sul mare e d’estate tanti giovani borgomarinensi lavorano nei ristoranti e nei bar del lungomare. E insieme ai “grandi”, a far numero, c’erano anche i ragazzi dell’Under18, che avrebbero iniziato con loro la preparazione atletica e poi si sarebbero allenati a parte, tranne quei tre o quattro elementi, a insindacabile decisione del coach, che sarebbero stati aggregati alla prima squadra.
Dopo le pacche sulle spalle, gli abbracci, le risa e le battute più o meno insulse, e la conta di coach Nuziante, fu subito evidente che solo tre erano state le “defezioni”. Che ce ne sarebbe stata una lo sapeva già: era nell’aria che il capitano, stanco di tante battaglie, aveva deciso di appendere gli scarpini (da buona seconda linea erano un 48) al fatidico chiodo. Delle altre due, invece, non sapeva nulla, ma non se ne curò più di tanto perché era così a ogni inizio stagione. Qualcuno poi, durante il campionato, sarebbe ritornato all’ovile, ma questa volta non lo credeva possibile: aveva capito che i due “disertori” avevano chiuso con molta sofferenza, e insofferenza, la stagione precedente e difficilmente sarebbero rientrati nei ranghi.
Era più preoccupato per gli assenti giustificati, una decina in tutto: iniziare la preparazione senza un terzo dell’organico non è mai facile e crea sempre problemi soprattutto quando si inizierà a giocare sul serio. Ma tant’è, mica poteva rimproverarli se avevano deciso di onorare l’impegno lavorativo piuttosto che mettersi in pantaloncini e iniziare a sudare con gli altri compagni?
Giovanni Nuziante, che nella vita faceva il contabile al comune e allenava per il piacere di farlo, sapeva che quella sera avrebbe dovuto annunciare il nome di chi avrebbe “ereditato” la fascia di capitano. Ci aveva pensato tutta l’estate, ma i conti non gli tornavano mai. Nessuno gli sembrava adatto per quel compito. Il capitano, si sa, deve essere un leader naturale, e la sua leadership dev’essere riconosciuta da tutto il gruppo, inoltre deve essere di esempio per gli altri e sempre coerente con quello che dice. Il problema che nessuno rispondeva a quell’identikit.
Dopo tante riflessioni, d’accordo con il presidente, aveva optato per una scelta-non scelta: in quella stagione il capitano sarebbe stato il giocatore più anziano del gruppo, Umberto Bonarroti. Probabilmente la persona meno adatta, ma se non lui chi?