
Grande successo per l’atto unico “Madri di guerra” di e con Antonella Caldarella al “Roots” di Catania.

Alda Merini, nel suo “Magnificat” scriveva: “Una donna è solo un mucchio di dolore”. La donna è prima di tutto “madre”, (come Maria che mise al mondo il Gesù che lo salvò). Anche Maria potrebbe essere annoverata tra le “madri di guerra” poiché il più grande rivoluzionario della storia, Gesù Cristo, venne sulla terra per affrontare la sua guerra anzi, le sue tante guerre. Ed anche a Maria fu strappato via il bene più prezioso per una madre: l’amatissimo figlio.
Per la mise en scène di “Madri di guerra”, l’autrice, regista ed interprete scrive nella sua prefazione: “Madri di guerra” è nato tanti anni fa. Aspettavo mio figlio quando ho appreso della morte della giovane giornalista Maria Grazia Cutuli. Se ne parlò per molto tempio ed io non facevo che pensare alla sua storia e a sua madre Agata. Così un giorno decisi di scrivere un testo che parlasse di due donne e della guerra documentandomi su internet…”.
Antonella Caldarella così fece immaginando, da madre, un dialogo “intimo” tra mamma e figlia. Un testo profondo, commovente, introspettivo, a tratti sferzante e doloroso come un forte pugno sullo stomaco, come una lama affilatissima conficcata nelle coscienze.
In scena, oltre alla stessa Antonella Caldarella nel ruolo della madre Agata, la giovane attrice Valeria La Bua, le bellissime musiche dal vivo di Andrea Cable, le scene essenziali ma adeguate di Emanuele Salamanca, gli appropriati costumi di Noa Prealoni, produzione del Teatro Argentum Potabile – Underground Rivers – flussi teatrali nel sottosuolo cittadino, aiuto alla regia di Steve Cable, addetto stampa Maurizio Sesto Giordano.

Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera, catanese di Santa Venerina, nasce nel 1962 e morirà assassinata a Sarobi (Afganistan), il 19 novembre 2001. Si laureò con lode in Filosofia a Catania. Dopo un esordio come collaboratrice del quotidiano La Sicilia e dell’emittente televisiva Telecolor, per i quali si era occupata di spettacoli, si trasferì a Milano diventando giornalista professionista e collaborò con l’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati. A metà degli anni novanta passò al Corriere della Sera e, il 13 settembre 2001, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 di New York venne inviata in Afghanistan. Mentre si trovava nei pressi di Sarobi, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul, fu assassinata insieme all’inviato di El Mundo Julio Fuentes e a due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari. Quello stesso giorno, uscì sul Corriere della Sera il suo ultimo articolo, “Un deposito di gas nervino nella base di Osama”.
Una giovane donna che ha dato la propria vita per amor di verità (perché qualcuno deve dirla la verità!), una donna piena di empatia e di rispetto per la gente che ogni giorno muore sotto i colpi ingiusti dell’inutile guerra.

Il testo di Antonella Caldarella pone l’accento sulla crudeltà di quest’ultima: essa uccide, senza pietà e senza alcuna distinzione, uomini, donne e bambini. La guerra non ha mai ragione e scusanti poiché toglie ogni speranza uccidendo dignità e verità.
Nella figura di Agata, la mamma di Maria (Grazia Cutuli), sono rappresentate tutte le “Madri di guerra”, il loro dolore, la loro rabbia gridata in uno strazio lacerante, alla perdita della propria creatura nata dalle proprie “viscere”: “una madre non deve esserci al funerale della figlia, deve esserci al suo matrimonio”.
Ed è proprio così che si apre la scena, con un letto di morte dove distesa, in bianco abito da sposa (lo stesso indossato dalla madre il giorno del suo matrimonio), giace Maria esanime.
Da qui inizia un meraviglioso, commovente, intenso, lancinante e doloroso dialogo tra una madre quasi sotto shock, e la figlia orgogliosa di aver lasciato il mondo avendo perseguito i propri ideali, orgogliosa di aver donato al prossimo la sua verità di giustizia e di pace.
Bravissima, pacata ed abile attrice Valeria La Bua è in scena Maria Grazia Cutuli. La sua interpretazione ci restituisce il carattere deciso ma nello stesso tempo empatico ed umano della giornalista catanese. Molto appassionata quando racconta, con tanta veemenza, il dolore delle madri che vedono i propri figli morire sotto i colpi dei terribili conflitti a fuoco.
Grande sinergia scenica tra le due protagoniste tra risate, racconti, rimembranze, giochi, rabbia, intenso dolore, speranza.
Antonella Caldarella è una straordinaria, intensa, sublime interprete di Agata, madre di Maria. L’attrice passa da uno stato d’animo all’altro in modo del tutto naturale regalando al pubblico una grande prova d’attrice.
In questo gioco di emozioni intensissime, l’una diventa madre dell’altra in uno scambio di ruoli che meglio ci fa comprendere il coraggio delle donne, la loro ferrea volontà di affrontare la vita, spesso crudele, in modo eroico e mai rassegnato.
Grandi applausi finali di un commosso pubblico sottolinea il meritato successo dello spettacolo. Soltanto alla fine apprendiamo della presenza della sorella di Maria Grazia Cutuli.
Auspichiamo che questo lavoro abbia un seguito nelle scuole: i giovani saranno gli uomini del futuro, un futuro che noi speriamo fortemente, senza guerre ed intolleranze razziali e religiose.
E ci piace concludere con questa giusta citazione: “Le donne hanno un unico difetto, a volte si dimenticano di quanto valgono”.
I prossimi appuntamenti al “ROOTS” di Via Giuseppe Borrelli, 73 – Catania sono: il 17 febbraio c.a. con “NOVECENTO” (Centro Teatro Studi di Ragusa); il 17 marzo c.a. con “APPUNTI DI DISEDUCAZIONE SENTIMENTALE” (Teatro dei naviganti di Messina)
Info: 3382044274 – 3497174913


Fotografie di Dino Stornello.