
All’interno della rassegna “Tè-Atro – Monologhi e tazze da tè” al Teatro L’Istrione di Catania, sold out e standing ovation per “L’uomo più arrabbiato di Brooklyn”, scritto, diretto ed interpretato da Francesco Russo – Musiche originali di Alessandro Cavalieri, domenica 3 marzo u.s.
Grande successo sta riscuotendo la rassegna “Tè-Atro” al Teatro “L’istrione” di Catania. Si tratta di monologhi fatti davanti ad un pubblico seduto comodamente attorno a dei tavolini per degustare un buon tè caldo accompagnato da buonissimi pasticcini e crostate, un piccolo ed originale “escamotage” culturale per rendere più piacevole una domenica pomeriggio portando la gente a teatro. La scelta degli spettacoli, cabaret o prosa, viene effettuata dall’attore, regista ed autore Valerio Santi, responsabile del Teatro L’Istrione.

“L’uomo più arrabbiato di Brooklyn” è un testo che ha tutti gli ingredienti della vita: emozionante, sorprendente, riflessivo, ironico, comico, tragico. Un adattamento teatrale ben congeniato dall’autore, tratto dal film “90 minuti a New York” (The angriest man in Brooklyn) del 2014 con lo straordinario, compianto attore Robin Williams al quale lo spettacolo è dedicato.
“E’ il mio attore del cuore”, dichiara Francesco Russo, “ed è a lui che ho dedicato questo mio lavoro, un tributo doveroso per ringraziarlo per ciò che mi ha regalato come persona e come attore. Il film da cui traggo questa riduzione teatrale non ha avuto la giusta risonanza cinematografica, ma ciò non toglie che sia un lungometraggio valido in ogni sua sfaccettatura, ricco di grandi insegnamenti di vita su cui riflettere in modo serio e consapevole”.
Una mattina, Henry Altman si sveglia con un forte mal di testa che lo spinge ad a recarsi in ospedale. Non trovando il suo medico, viene visitato da Sharon, una dottoressa traumatizzata dal recente suicidio del suo amatissimo gatto. Quando Sharon gli comunica di essere stato colpito da un aneurisma cerebrale, Henry comincia a sbraitare e a chiederle insistentemente quando tempo gli rimane, e così esasperata dal suo modo di fare arrabbiato ed insistente, risponde che gli restano soltanto novanta minuti (il tempo di cottura di una ricetta tratta da una rivista di cucina). Henry si rende conto di avere pochissimo tempo per rimediare agli errori commessi durante l’intera esistenza. Comincia così una forsennata corsa per le strade di Brooklyn alla ricerca della moglie Bette, del figlio Tommy e del fratello Aaron, mentre Sharon, resasi conto della gravità dell’errore commesso, cerca disperatamente di rintracciarlo prima che sia troppo tardi.
Francesco Russo interpreta tutti i personaggi, ben sedici con peculiarità perfettamente riconoscibili perché molto ben caratterizzati. Una grandiosa, eccellente, impeccabile prova d’attore quella sua che fa scaturire parecchi applausi spontanei da parte di un pubblico ora commosso, ora riflessivo, ora entusiasta per le gag comiche mai scontate.
Francesco Russo è il narratore, Henry Altman, la dottoressa Sharon Gill, la segretaria della dottoressa, un taxista extracomunitario, Aaron Altman, Jennifer la rossa segretaria dello studio di Henry, il segretario della “Brooklyn Dance Academy”, Tomas Altman, Betty Altman, Andrey Abramovic poliziotto napoletano, signor Cooper, Bix il migliore amico di Henry, il venditore di elettronica e il barbone.

Un monologo che toglie quasi il fiato per l’attesa di sapere, dai ritmi incalzanti in un crescendo di emozioni e pathos.
Ad impreziosire ulteriormente il lavoro, le bellissime ed adeguatissime musiche originali del maestro Alessandro Cavalieri chene sottolineano i passaggi salienti (e non sono pochi).
Francesco Russo dice di Cavalieri: “A creare atmosfere ed ambienti c’è la musica originale di Alessandro Cavalieri, un piccolo – grande genio nascosto nell’ombra di tanta mediocrità che ci circonda; lui brilla come un piccolo diamante, ha talento che accosta spesso allo studio e all’educazione per l’ascolto. Le sue musiche, inevitabilmente mi hanno aiutato a trovare la strada per ogni personaggio affidandoci semplicemente all’intesa, all’umanità, all’ascolto reciproco. Lavorare con lui è stato meravigliosamente divertente e creativo”.

“ Ringrazio, inoltre Rudy Cammarata assistente alla regia, Roberto Pellegrino alla fonica, Valerio Santi e Aldo Ciulla al disegno luci”.
Una mise en scéne forte, un “pugno sullo stomaco” per chi affronta la vita senza la consapevolezza della sua caducità, una spada che penetra le coscienze scuotendole, come per s-vegliarle da un sonno profondo pieno di illusioni e molto lontano dalla realtà.
Francesco Russo da sfoggio del suo immenso talento, della sua passione viscerale per il teatro mettendosi in gioco e rischiando pure perché rappresentare questo tipo di spettacolo può diventare un’arma a doppio taglio se ti sfugge di mano. La memoria dei nomi, dei movimenti, dell’evolversi della narrazione stessa, è un vortice che risucchia prima di tutto l’attore in scena. La concentrazione deve essere al massimo.
Molto emozionante l’addio di Henry Altaman al fratello Aaron con un vigoroso abbraccio e l’incontro con il figlio Tommy dopo anni che non si parlavano.
Davanti ad una sentenza di morte chiunque cerca la pace dell’anima mettendo a tacere la coscienza: ma quanti rimorsi, quante rabbie che si potevano benissimo evitare, quante ripicche inutili, quanto valore diamo alle cose superflue, alle cose vane!
“L’uomo più arrabbiato di Brooklyn” è una forma di terapia introspettiva individuale dove ogni spettatore si può tranquillamente riconoscere in uno dei personaggi egregiamente ed esemplarmente caratterizzati in scena da Francesco Russo.
Fazzoletti in mano, grandi applausi e standing ovation finale sottolineano la grande bravura e l’umanità dell’attore, autore e regista Francesco Russo.
Spettacoli così dovrebbero avere una moltitudine di palcoscenici perché sono “portatori sani” di grandi valori ed importantissime lezioni di vita, due cose che il tempo storico che viviamo ha completamente cestinato in un oblio senza ritorno.
Quando non ci saremo più, la nostra ultima dimora recherà scritta la data di nascita e quella della nostra morte separata da un trattino.
E’ quel trattino che fa la differenza.
