In un recente intervento Salvini ha auspicato che in Italia, come gia avviene in Austria, sia considerato reato non solo l’antisemitismo ma anche l’antisionismo, rivendicando inoltre il diritto alla esistenza di Israele ad esistere ed avere come capitale Gerusalemme.
Ecco qui l’intervento: https://www.youtube.com/watch?v=gIN-IaQT714
Come al solito sui social si sono scatenate le opposte tifoserie politiche, chi inneggiando alla chiarezza della posizione e chi considerando l’intervento manifestazione di intolleranza, ignoranza, ricerca di visibilità politica e cosi via.
In realtà le opinioni che esprime Salvini in questo caso non riflettono un suo personale modo di vedere ma sono opinioni largamente condivise in tutto l’occidente e certamente prevalenti in Israele e nelle comunità ebraiche sparse nel mondo.
Al di là della demonizzazione o derisione ci sembra sensato esaminarle criticamente nei punti essenziali.
Il punto più importante è senza altro l’assimilazione dell’antisemitismo all’antisionismo: è essa corretta? A noi sembra di no. Concettualmente anti -semitismo e anti sionismo hanno contenuto molto diverso Il termine antisemitismo riecheggia e ripete la distinzione propria del nazismo fra ebrei e non ebrei in Europa. I primi venivano indicati come semiti: in realtà semite sono un gruppo di lingue parlate nel Medio Oriente di cui attualmente la più importante è l’arabo, gruppo a cui appartiene anche l’ebraico che per altro non era parlato dagli ebrei se non nei momenti rituali (come il latino dai cattolici fino al concilio Vaticano II). Ariano invece deriva da un termine sanscrito che indicava i popoli di lingua indoeuropei che invasero l’India abitata da stirpi dravidiche di pelle scura. Ma prescindiamo dalle confusioni terminologiche: il punto è che si tratta di una distinzione propriamente genetica, razziale: si restava semita (giudeo) anche se cristiano o ateo.
Antisionismo invece nasce in opposizione al sionismo che è il movimento culturale politico che ha portato alla creazione dello stato di Israele. Sono cose concettualmente del tutto diverse Esistono anche ebrei viventi in Palestina prima della formazione stato, i Neturei Karta (guardiani della città) che contestano la legittimità di Israele e non certo l’ìdea degli Israeliti come popolo eletto.
In generale, però, le comunità ebraiche sparse per il mondo sostengono pienamente Israele. Da qui nasce il coinvolgimento fra enti-semitismo e anti sionismo Ma il primo ha una coloritura di estrema destra e direi soprattutto opera di teppisti che prendono l’antisemitismo solo come pretesto per violenze (come negli stadi). L’antisionismo invece è in genere opera di islamici o di simpatizzanti che prendono di mira gli Occidentali in genere e in particolare gli ebrei in quanto vedono in Israele la punta avanzata di quella che essi ritengano l’aggressione occidentale, del grande satana, all’islam. D’altra parte io sarei comunque molto perplesso sull’adozione di provvedimenti che limitino la liberta di pensiero e di critica. Anche i negazionisti hanno diritto di esprimere la propria opinione e condannarli finisce, fra l’altro, di farne dei martiri. In conclusione: non è che ogni critica alla politica di Israele può essere etichettata come razzismo anti ebraico ma d’altra parte occorre un’inflessibile lotta al terrorismo di qualunque matrice.
Il secondo punto ripreso da Salvini riguarda il diritto dello stato di Israele ad esistere.
Ma, almeno in Occidente, nessuno contesta l’esistenza stessa dello stato di Israele: è diffusa invece (in genere a sinistra ma non solo) la critica della politica israeliana che nega nei fatti ogni possibilità di una creazione di uno stato palestinese accanto, e non al posto di uno israeliano. Lo stato Israeliano trae legittimazione da deliberati dell’ONU che però stabilivano la divisione in due stati. Tale principio è stato condiviso almeno in teoria da tutti gli stati, anche dagli USA, e fu la base degli accordi di Camp David che purtroppo non hanno avuto seguito. È vero che gli stati arabi non in maggioranza non accettano Israele ma solo teoricamente: è indubbio che un accordo che permettesse finalmente la formazione di uno stato palestinese metterebbe fine o alla Questione Palestinese.
L’ostacolo fondamentale a tale soluzione è data dai fondamentalisti ebraici (ne esistono in tutte le religioni). Essi ritengono che TUTTA la Palestina sia stata assegnata ai figli di Israele tremila anni fa, direttamente da Dio, e che quindi sarebbe cosa empia lasciarne, sia pure un lembo, ai non israeliti (Gaza invece non faceva parte della antica Israele e quindi può essere lasciata agli arabi).
Il problema principale è la costituzione da parte degli integralisti religiosi in Cisgiordania delle cosi dette hitnakhalut (eredità) che in occidente sono note impropriamente come colonie.
Israele è stata fondata da ebrei imbevuti di cultura laica, democratica occidentale (impropriamente detti askenaziti) ma poi sono presenti anche correnti (impropriamente detti sefarditi) radicali religiose.
I fondamentalisti ebraici si calcolano intorno al 10% della popolazione ma sono molto organizzati e combattivi e con il sistema proporzionale finiscono con l’essere decisivi per la formazione dei governi.
Per il terzo punto, Gerusalemme capitale, bisogna intenderci: esiste una Gerusalemme storica chiusa dalle mura di Solimano, una Gerusalemme moderna ebraica e una Gerusalemme periferica (gli antichi sobborghi ricordati nei vangeli) abitata da arabi. Sarebbe logico che la prima città, sacra a cristiani, islamici ed ebrei (muro del pianto) avesse uno statuto internazionale: questo non è anti semitismo e nemmeno anti-sionismo.
