
Grande successo e numerosi applausi nell’immobilità assoluta che creano le forti emozioni, per “Sempre tua”, testo, regia ed interpretazione di Antonella Caldarella, musiche originali eseguite dal vivo da Steve Cable, produzione “Teatro Argentum potabile”, al Roots di Via Borrello a Catania, andato in scena sabato 15 e domenica 16 febbraio c.a.

“Bianca come la neve, Biancaneve”, entra canticchiando la protagonista sotto una luce ovattata di mistero. “Quanto mi piace cantare!”, inizia la sua storia Bianca, una ragazza piena di sogni e di verità.
Figlia di madre pessimista perché non ha avuto vita facile, e nipote di una nonna ottimista per smussare gli angoli di una difficile esistenza, Bianca è una ragazza entusiasta, un po’ ingenua e sentimentale.
La sua vita è fiaba e tragedia al tempo stesso.
Il testo della bravissima autrice, attrice e regista Antonella Caldarella è un monologo intimo semplice e diretto, coinvolgente: una storia d’amore che si trasforma in possesso, violenza ed infine in omicidio; un pugno sullo stomaco necessario a risvegliare le coscienze assopite.
Eccellente come sempre la sua interpretazione perché affrontata con grande semplicità e naturalezza, ed è davvero complicato essere semplici sul palcoscenico, è una dote di pochissimi eletti. Fa da cornice, impreziosendo la messa in scena, la bellissima ed adeguata musica di Steve Cable.
Sono in tantissime, più di quelle che noi stessi riusciamo ad immaginare, le storie di violenza domestica taciuta perpetrata ai danni delle donne; tutte, bene o male, seguono il medesimo canovaccio: uno schiaffo che diventa due, tre, quattro e poi si trasformano in bastonate serie, ripetute, a cadenza costante e sempre più in crescita.
Molti uomini sono come Barbablu, il protagonista di quella storiella che la nonna raccontava a Bianca da piccola: uomini che si presentano come principi per poi diventare diavoli.
Uno, due, mille schiaffi che divengono calci, pugni, spinte (ma quante me ne ha date!): e la donna tace, conserva quella sua macabra condizione come un segreto da proteggere gelosamente e lo fa per tutelare i figli, per custodire la dignità sociale e quella parvenza di amore idilliaco. La cosa gravissima è che pensa di meritare quella violenza giustificandola pure in ogni modo possibile: era nervoso, non era il momento, probabilmente ho alzato troppo il tono della voce e via dicendo.
Bianca aveva sedici anni quando fa la famosa “fuitina” e a diciotto sposa il suo Nino. La giovane coppia mette al mondo due figli: la femminuccia Paola e il tanto desiderato dal papà, il maschietto di nome Carlo.
Un rapporto coniugale dalle apparenze serene ma che nasconde tanta amara ed ingiustificata violenza volutamente taciuta che sfocia infine in omicidio; per beffa del destino (o per una libera, incomprensibile scelta di chi subisce), rimane per giunta impunita perché l’uomo è talmente scaltro, subdolo e freddo da inscenare un finto furto e farla franca.
L’errore più grave che può fare una donna è mancare di rispetto a se stessa mettendo sotto i tacchi la propria dignità: quando si subisce violenza, la prima cosa da fare è denunciare cercando la protezione delle forze dell’ordine e delle associazioni antiviolenza del territorio di appartenenza anche se spesso quel grido d’aiuto si disperde nella burocrazia ingoiato da una legge che c’è ma che è difficile, per mezzi concessi, da mettere in pratica.
Donne, vittime e carnefici di se stesse: l’arte della sopportazione fatta persona, eroine e martiri.
Nel finale a sorpresa di “Sempre tua”, imprevedibile e geniale, un po’ inquietante, Bianca incontra la morte e la vince come fosse quasi una rivalsa per tutte quelle violenze subite da Nino.
Un testo forte affrontato con delicatezza, una voce unica che racchiude l’urlo disperato di ogni donna che vive l’incubo della violenza.
Il “femminicidio” (che brutto termine!) è diventato, nella società moderna, una vera e propria emergenza sociale.
“Sempre tua” è un monito, un incoraggiamento a lottare, a guardare con occhi diversi la realtà che ci circonda e fare di tutto per cambiare le cose.
Alla fine dello spettacolo, un pubblico plaudente è rimasto seduto, schiacciato dall’emozione: ha portato a casa con se quel carico di empatia e di consapevolezza necessari per comprendere la vera entità di un problema critico che bisogna risolvere prima possibile.
“ Imparalo adesso e imparalo bene, figlia mia. Come l’ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell’uomo trova sempre una donna cui dare la colpa. Sempre. Ricordalo, Mariam”.
(Da “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini)
Perché le donne dicono di poter capire dal primo bacio se un uomo è giusto, ma non riescono a comprendere dal primo schiaffo che è sbagliato?
(ChiaraDiGiorno)