Prima pubblicazione per Angela Amato classe 1960. Insegnante di professione ha condotto gli studi classici, i propri interessi, le proprie passioni tra cui anche la scrittura e la regia per il teatro principalmente nella provincia ragusana dove è anche nata e vive tutt’oggi. Moglie, mamma e nonna, ci presenta e sottopone il libro Una malattia invisibile.
Tutto ha inizio con una rovinosa caduta che procura alla protagonista una brutta frattura al gomito sinistro che la costringe, ahimè, a subire un delicato intervento di osteosintesi e da lí a breve, come se non bastasse, una sofferenza assai più lacerante procurata dall’insieme dei disturbi che percepisce insieme all’insorgere di paure, dubbi e perplessità causati dall’evento inaspettato ma forse prevedibile di una acuta reazione allergica ad alto rischio che cambierà di certo tutto il decorso della sua esistenza.
Il libro ruota attorno all’esperienza diretta vissuta all’interno di un presidio ospedaliero ed oltre, raccontando le ansie, gli umori, i dolori, le angosce nonché tutti quei sentimenti che un ambiente pragmatico come questo può eviscerare nell’essere umano che si trova ad affrontare qual si voglia controllo, esito o patologia non del tutto conclamata e se sì, le amare conseguenze che ne comporta in un mondo spesso equivoco come quello delle allergie. A fianco dell’autrice, quasi a volerle tendere e tenere la mano, Filippa, un alter ego consigliere e provocatore del proprio subconscio.

Una malattia invisibile, è un racconto autobiografico, un percorso introspettivo, una denuncia sociale e un invito a non mollare mai al tempo stesso. Una esperienza toccata con mano dalla protagonista del libro che si proclama testimone di una vicenda ricca di manifestazione e ribellione ad un sistema che ci ha talvolta penalizzati e lasciati inermi e che non può esimerci dall’essere empatici. Sebbene chiare e profonde siano le frecce di lamentela dirette ad una gestione sanitaria distaccata e qualche volta inefficiente, l’autrice smorza gli attacchi e le denunce con ironia quasi a volerne sottolineare ancor di più le mancanze e gli errori.
Non facile affrontare un argomento vasto come quello delle allergie sia per la varietà che per le cause genetiche e ambientali disparate nonché per le conseguenze legate alla predisposizione dell’organismo e alla sua sensibilizzazione in aree rurali piuttosto che industrializzate e viceversa seppur l’intento del libro sia umilmente solo quello di mostrarne l’effetto e il disagio emozionale e concreto anche nella vita di tutti i giorni, prima e dopo la diagnosi.
Non facile per chi sta dall’altra parte, arrivare ad una celere e corretta valutazione se non per via sperimentale legata alla casistica, agli esami specialistici di rito più che all’interpretazione personale dei sintomi.
Non facile per il lettore rimanere neutrale di fronte a cotanta amarezza, allo sgomento e alla disperazione. Come in un urlo collettivo ma unanime di un quadro di Edward Munch in cui ci si sente tragicamente soli e abbandonati a noi stessi o nella nevrosi de Il malato immaginario di Molière in una Francia del XVII dove il termine immaginario era marcatamente sinonimo di “pazzo”: queste le sensazioni che ci legano alle pagine, questa l’indole battagliera ma incompresa, inascoltata. Un’autobiografia intrisa di realismo e disillusione approfittando delle situazioni caratterizzate da sottotitoli e dal linguaggio diretto ma esasperate da continue occasioni di denuncia per un sistema sanitario debole dove, sebbene la medicina abbia compiuto grossi passi in avanti, risulta ancora difficile e per fortuna non sempre, mostrare quella umanità che basterebbe da sola a medicare, sanare e guarire forse anche le più profonde ed arcaiche ferite dell’ anima. Forse basterebbe iniziare da lì, nella platea della comune battaglia contro il più oscuro dei mali, per non sentirci numeri, mai spettatori e basta al di là di copioni, mai soli, consapevoli o compassionevoli, semplicemente essere umani, tutti.
