Gio. Mar 30th, 2023
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In Cina le attività economiche svolte per strada, sia per produrre beni che per commercializzarli, sono un’antichissima tradizione. In realtà in tutto il mondo questo avveniva nel passato: in tante nostre città i nomi tradizionali delle strade si riferiscono alle attività che venivano svolte in esse (via dei panettieri, dei librai, degli schioppetari, ecc ): solo in tempi relativamente recenti si è passati a intitolarle a personaggi illustri. Ma mentre l’Europa evolveva verso la modernità con l’industrializzazione delle produzioni e poi anche della commercializzazione, la Cina, come il resto del mondo d’altronde, restava ancorata ai vecchi sistemi. In particolare in Cina era molto più diffuso che nel resto nel mondo il cibo da strada. In Europa il pasto in comune (il desco familiare) era un’istituzione sociale di grande
importanza a prescindere dal puro fatto pratico del cibarsi. Sin dai tempi dei Greci gli aristocratici organizzavano il banchetto come momento di
socializzazione, l’agape poi prese nel cristianesimo il significato di amore
fraterno. In Cina invece, stranamente, il valore sociale del pasto comune non ha mai preso grande importanza. I cinesi sono abituati a mangiare un po’ dappertutto senza orari ben definiti: quando hanno fame allora mangiano ed ha scarsa importanza il desco familiare o il banchetto in comune. Le tradizionali strade cinesi come gli hutong di Pechino erano costituite sostanzialmente da casette unifamiliari che nel piano superiore erano adibite a abitazioni e nel piano stradale erano botteghe o esercizi commerciali. Con l’avvento del comunismo puro e duro di Mao però la collettivizzazione di tutta la economia, portata fino all’estremo, mise in sospetto le attività fatte in strada che comunque non potevano che essere private, quindi borghesi e anticomuniste. 

Con la fine del maoismo, in Cina si pose fine al fanatismo della collettivizzazione e le prime attività private non potevano che essere quelle di strade che non richiedevano investimenti che non erano disponibili ma solo una certa intraprendenza. Si ricorda proverbialmente che una delle prime attività private molto esaltate ai tempi del primo nuovo corso inaugurato da Deng fu un ristorante aperto da una donna a Pechino. Fino ad allora i ristoranti erano solo statali con tavoli e panche lunghe come nelle mense aziendali.

Negli anni ‘80 quindi le attività di strada rifiorirono e furono il primo motore del rinnovamento della Cina che uscita dai cupi tempi della estrema miseria del maoismo cercava nuove strade per il benessere.

Man mano però che il progresso avanzava in Cina, trasformando una sconfinata periferia di casupole in una immensa foresta di grattacieli che costituiscono ora le città cinesi, in quelle città non c’era più posto per la economia di strada che cominciava ad essere vista con disappunto come una manifestazione di arretratezza, di povertà. Nascevano grandi centri commerciali alcuni dei quali hanno raggiunto dimensioni davvero enormi anche per noi occidentali. In questa atmosfera quindi le attività di strade venivano bandite e proibite nelle città. Restavano, come pure in Europa,
solo quelle attività di strada che interessavano il turismo interno o esterno,
quelle che noi definiamo bancarelle che sono croce e delizia di tutti i luoghi turistici.

Un effetto imprevisto del Covid19 pero in questi giorni sta facendo rifiorire l’economia di strada. L’economia cinese, come quelle di tutto il mondo. è andata in crisi, in particolare perché orientata verso l’esportazione che è di molto diminuita per il quadro di incertezza generale. Si calcola che circa 80 milioni di Cinesi hanno perso il lavoro e che altri 250 milioni hanno visto una sensibile decurtazione dei propri redditi.

Il primo ministro Li Keqiang allora ha annunciato o meglio accennato alla possibilità che si possa tornare a esercitare economia di strada senza che la polizia intervenga con sequestri e multe. I cinesi sono bravi a comprendere dove spiri il vento politico nelle fumose e per noi misteriosi orientamenti politici e senza aspettare permessi espliciti ufficiali hanno ricominciato a svolgere attività economiche in strada.
Sono aumentati i siti web che spiegano come esercitarle alla nuova generazione che in pratica non li conosceva. Certamente il regime comunista basa il suo potere indiscusso sullo sviluppo economico: esso già molto ridimensionato negli ultimi anni anche per la guerra commerciale intrapresa da Trump ha subito un duro colpo per la pandemia: in qualche modo ci si rende conto che bisogna venire incontro alle esigenze reali della popolazione. Un po’ di economia di strada può essere, almeno provvisoriamente, un elemento di compensazione e di ristoro.

Non è pero tutto pacifico: ci sono molte tensioni e lacerazioni come è apparso nell’ultima Assemblea Nazionale del Popolo (una specie di nostro parlamento) nella apparente unanimità dei discorsi.

Le municipalità di alcune metropoli come Shanghai e Pechino si sono dichiarate del tutto contrarie non volendo mettere in forse l’aspetto della modernità, dell’ordine, della pulizia che le distingue.

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