Comincio a convincermi che in questo paese la cronaca nera sia diventata una nuova forma di pornografia.
C’è una morbosità nello scavare nelle tragedie che va molto oltre il bisogno razionale di conoscere un evento.
C’è un desiderio così profondo di indicare un colpevole o la debolezza altrui che comincia a somigliare sempre di più a quella ossessione dei consumatori compulsivi di pornografia e a sfiorare la patologia.
A volte mi ricorda lo stesso tipo di eccitazione che sopraffà chi commette uno stupro, quella eccitazione che è mentale e che diventa fisica, in cui non esiste l’erotismo ma la condizioni di superiorità e di dominio di un uomo su una donna, con il giudizio al posto del pene.
Più grande è la tragedia più aumenta questa eccitazione, se le vittime sono giovani o se il colpevole è uno ricco, se aveva bevuto o, meglio ancora, se si era drogato; me le immagino quelle erezioni rovinate quando si è scoperto che lui non era drogato o che magari loro sono state un po’ avventate, che è stata solo una tragedia e basta.
I giornalisti hanno le loro colpe ma, in fondo, hanno dato solamente al pubblico quello che voleva, un po’ come ha fatto il capitano in questi anni.
Non siamo più un paese ma un quadro clinico.
