
Fragorosi applausi e grasse risate per la commedia dialettale in due atti dal titolo “A tazza da Pirzisa” di Elena Silvia Marino, colonna sonora di Pietro Amico e Luisa Di Vita, scene di Davide Balsamo, Associazione culturale “Abbrazzamuni”, andata in scena sabato 12 e domenica 13 marzo c.a. al Teatro Fellini di Catania.

Un testo, quello di Elena Silvia Marino, che ripercorre la tradizione delle commedie dialettali di martogliana memoria, con una morale finale che scuote duramente le coscienze, alla maniera del drammaturgo conterraneo Pirandello, come dichiarato dall’autrice stessa.
Una mise en scène divertente e coinvolgente, sotto l’attenta regia di Elena Silvia Marino ed Andrea Bianco, entrambi in scena nei rispettivi ruoli di Elisabetta e dell’Impalato (raggirato). Una storia semplice ma non priva di spunti di riflessione, vicenda che si svolge all’interno di uno spazio commerciale dove operano diversi professionisti che si trovano, loro malgrado, invischiati nell’organizzazione del matrimonio di Elisabetta, figlia del notaio, e Savvuccio (influencer) figlio della onnipresente e boriosa “dottorressaaa” che ostenta la sua prossima prestigiosa parentela con il notaio.
Da fare da cornice a tutto questo, e non soltanto da cornice, sono i pettegolezzi pregiudizievoli delle due comari di paese, Pinuccia e Melina, in scena ben interpretate dalle divertentissime Emanuela Cutuli e Carmelisa Puglisi.
La vicenda gira intorno alla Pirzisa, una pia donna timorata da Dio, in scena la credibile attrice Letizia Puglisi, che si inventa la storia inverosimile della tazza, non quella per il latte o il te, storia che giustificherebbe l’incidente accordo alla nipote Mariuccia, sul palco la giovane Federica Sportelli la quale, in un intenso mongolo finale, rivela la verità che la zia ha così poco abilmente nascosto.
In questo ipotetico mercato si intrecciano pure altre storie tra le quali quella dell’Impalato, l’attore e regista Andrea Bianco e conosciamo personaggi come il fiorista, Filippo Valle ed il romantico confettaro, Sebastiano Musumeci. Ben caratterizzato e divertentissimo il ruolo dell’istrionico Francesco Meli, il fotografo gay “con drone” Perdilà, estroso ed esuberante che s’invaghisce dell’influencer Savvuccio, schiavo dei like e dei selfie, interpretato da Ture Germana’.
La fidanzata di Savvuccio è l’intraprendente Elisabetta che flirta con tutti e comanda a bacchetta il suo fidanzato, approfittando della sua buona posizione sociale (che non coincide con la sua poca classe e savoir fare). Nel ruolo di Elisabetta ritroviamo l’autrice del testo e regista, Elena Silvia Marino. Godibilissimi e culturalmente degni di nota i siparietti del bravissimo Melo Zuccaro che ci ricorda le nostre più radicate tradizioni, tra detti siciliani, cunti e canti, il tutto declinato con naturalezza, ironia e tanta passione.
Infine, un emozionantissimo Giuseppe D’Antoni, ci presenta la vicenda e l’intera compagnia i cui componenti dimostrano di avere un’ottima intesa scenica.
Il pregiudizio uccide la dignità eppure la gente ne abusa con molta leggerezza ignorando il fatto che le apparenze sono ingannevoli e non palesano sentimenti, stati d’animo e quanto altro ci sia dietro. Spesso il pregiudizio è un diverso modo di ferire mortalmente anime già segnate da violenze ed ingiustizie.
Significative ed appropriate, prima degli applausi finali, le scarpette rosse simbolo della violenza che la donna da tempo immemore subisce, poste ordinate a scena vuota.
Applausi scroscianti finali hanno sottolineato il meritatissimo successo dell’intera messa in scena.
“Se dovessimo svegliarci una mattina e scoprire che tutti sono della stessa razza, credo e colore, troveremmo qualche altra causa di pregiudizio entro mezzogiorno.”
Gerge David Eiken
